Prof. Alberto Roggia

Scarsa estensione ed espansione del pene:deficit della tumescenza peniena e pertanto della erezione. Perdita della elasticità dei corpi cavernosi e del setto con scarso sviluppo in lunghezza e larghezza del pene.

Si ha una scarsa tumescenza  del pene che pertanto non raggiunge un perfetto e rapido aumento del suo volume :   il paziente  non ottiene  quindi  il migliore e rapido incremento del pene , cioè il suo corretto turgore,   sia nella sua massima  lunghezza che  in larghezza ,  per cui in pratica viene a mancare  quella tumescenza massima e ottimale  che deve perdurare fino al compimento della eiaculazione. 

E' patologia che  insorge frequentemente verso i  25- 40 anni di età,  talora anche  in età più giovane,  inizialmente con piccoli disturbi erettili e della sensibilità  che sono spesse volte  sottovalutati dal paziente , ma se non curata può  causare gravi deficit che ostacolano  il rapporto sessuale.
 Per la diagnosi è importante anzitutto la visita andrologica che potrà consigliare accurati accertamenti per valutare la elasticità dei corpi cavernosi e del setto intercavernoso.

 

Scarsa estensione del pene: disturbi riferiti dal paziente :

 all'inizio la sintomatologia lamentata dal paziente,  talora   già a 20-25 anni  di età  , è veramente lieve ,  molto sfumata, pure  episodica e non costantemente presente,  facilmente accompagnata da ansia di prestazione e fattori vari psicologici,  per cui il paziente all'inizio sottovaluta spesse volte il disturbo che ha invece una base organica .  Il paziente riferisce infatti sensazione di fastidio  o dolorini e dolenzie varie al pene sia quando il pene è in flaccidità sia soprattutto quando è in erezione,  oppure   formicolii   o  parestesie al glande,  calo di  desiderio sessuale,  modifica della sensibilità del glande , od una eiaculazione precoce, od una tumescenza che non sempre è  soddisfacente ,  ma  altre volte compare già precocemente un scarso turgore  del pene per cui manca un regolare aumento volumetrico del pene stesso nella  fase di erezione,  oppure c'è  anche un difficoltoso mantenimento della rigidità del pene , e quindi una erezione scarsa o comunque non soddisfacente con scarso aumento in lunghezza e larghezza diametrica del pene .  Solo successivamente,  magari anche dopo  diversi mesi,  tali disturbi si fanno più evidenti e diventano costanti,  tanto da allertare il paziente che purtroppo non sempre si rivolge tempestivamente al proprio Medico di Famiglia o allo Specialista Urologo/Andrologo , ipotizzando che tutto dipenda da  stress e pure sperando che tutto possa rientrare  nella norma, oppure  addirittura cercando soluzioni terapeutiche navigando in internet per una terapia “fai da te”, con risultati ben immaginabili.
E' importante  segnalare che in questi casi non ci sono  deviazioni dell'asse del pene , cioè incurvamenti vari,  né il pene tende a ridursi in lunghezza : inoltre  il paziente palpandosi il proprio organo genitale non riscontra nulla di anomalo,  non essendoci  infatti  le placche o aree indurite all'interno del pene, come avviene in una diversa patologia che è la induratio penis plastica.
In corrispondenza  della tunica (che è come una  membrana o guaina che riveste i corpi cavernosi che sono due strutture a forma cilindrica , appaiate e contenenti il tessuto erettile ) oppure a carico  del  setto mediano che separa i corpi cavernosi stessi,  si formano in tali casi alcune aree di scarsa elasticità dovuta alla presenza di fibrosi localizzata talora in un solo punto mentre altre volte in varie zone per cui la  patologia si presenta generalmente plurifocale .
Ciò determina una insufficiente erezione (con scarso aumento del volume ,cioè della  lunghezza e larghezza diametrica del pene) o magari anche una rapida perdita di rigidità perchè alla scarsa elasticità di tali tessuti si associa anche, e ben facilmente , una alterazione della circolazione vascolare, cioè alterazioni varie  emodinamiche  evidenziabili da  specifici accertamenti diagnostici:  si può avere  sia una riduzione significativa dell'afflusso di sangue arterioso (arteria dorsale, arteria cavernosa che dà origine alle arterie elicoidali che forniscono l'apporto ematico ai sinusoidi del tessuto erettile)  sia pure altre volte un troppo precoce deflusso di sangue venoso (cosiddetta “fuga venosa” ) cioè una  inaspettata e sgradita detumescenza che si manifesta in pratica con  rapido calo della rigidità peniena che avviene prima ancora della eiaculazione.

Cause di insorgenza della patologia :

si tratta di uno stato di fibrosi dovuta ad infiammazione dei corpi cavernosi (ma non da infezione!)   che può colpire sia la tunica o guaina  di rivestimento, chiamata  albuginea, dei due corpi  cavernosi del pene contenenti il tessuto erettile,  sia anche il setto mediano intercavernoso , e ciò viene a determinare da lato clinico-sintomatologico una scarsa espansibilità ed estensione dei due corpi cavernosi , con evidente ostacolo per  una corretta tumescenza del pene,  per cui il  processo di erezione è scarso e deficitario.  Infatti il requisito della elasticità, che  è fattore indispensabile  per registrare la migliore  e massima espansione ed estensione dei corpi cavernosi e pure del setto mediano, e quindi del pene stesso ,  è veramente fondamentale in un organo come il pene che deve essere quanto mai dinamico nella sua funzione, dovendo svilupparsi molto rapidamente in lunghezza e larghezza volumetrica , e rimanere in tale stato di turgidità massima fino alla eiaculazione a completamento del processo di erezione.

 Attualmente vari studi clinici ed istoimmunologici  indicano che le ipotesi circa le cause di insorgenza della patologia  sono essenzialmente due:  cause autoimmunitarie  oppure microtraumi al pene  ripetuti nel tempo  anche se non avvertiti dal paziente stesso , per cui in entrambi i casi ne consegue la insorgenza di  un processo infiammatorio -vasculitico (non da infezione!) che comporta una proliferazione di fibroblasti e disorganizzazione della fibre collagene , con la insorgenza di aree di fibrosi spesso plurifocali a carico cioè in vari punti  dei corpi cavernosi e del setto che hanno la prerogativa di essere poco elastiche , ostacolando la corretta espansione e tumescenza del pene.  E' un patologia pertanto su base infiammatoria ( e non c'è alcuna  infezione!), da cause autoimmuni o microtraumatiche (senza aver provocato dolori al paziente)  che , se non adeguatamente curata,  facilmente si  “automantiene”   tendendo  alla progressione continua e quindi portando a quadri cronici  che sono poi di più difficile  terapia e con minor risultati:   importante pertanto poter instaurare  una precoce terapia  dopo ovviamente la accurata diagnosi .

Da segnalare che la fibrosi può a volte interessare solo ed inizialmente il  setto mediano intercavernoso ( che è in pratica come una sottile parete  che separa  i due corpi cavernosi ) mentre la tunica o albuginea   (che come una guaina è il rivestimento esterno dei due cilindri o corpi cavernosi contenenti il tessuto erettile)  può mantiene ancora una normale elasticità :   ma anche in tali casi sussiste una  scarsa espansione ed estensione del pene che non raggiunge  un perfetta rigidità , in quanto il setto mediano contribuisce e partecipa anch'esso attivamente alla erezione aumentando nella sua  lunghezza contemporaneamente alla dilatazione ed allungamento dei due corpi cavernosi.
 Ne deriva che anche qualora le aree fibrotiche sono esclusivamente a carico del setto   il paziente segnala  una scarsa erezione , e ciò anche se i corpi cavernosi abbiano una normale elasticità per assenza aree fibrotiche sulla loro tunica .    Da ciò si evidenzia quanto sia estremamente utile valutare  con la indagine elastosonografica  il valore del Kpa anche del setto e non solo della tunica dei corpi cavernosi, per impostare la strategia di cura più corretta.
Se la patologia fibrotica non viene arrestata , il processo infiammatorio-vasculitico sopra indicato tende sempre a progredire , sia pure in modo incostante,  per cui se inizialmente si registra una  fibrosi solamente a carico del setto mediano, è quanto mai facile che la patologia venga successivamente a interessare anche la  tunica o albuginea dei due corpi cavernosi , peggiorando la sintomatologia erettile riferita dal paziente .

 La incubazione di tale patologia (dovuta ad una infiammazione delle piccolissime ”lamelle “che costituiscono la  tunica o albuginea che riveste il tessuto cavernoso)  è generalmente  lunga e senza disturbi al paziente ed  il decorso clinico è sempre  imprevedibile,  tanto che  lunghi periodi di quiescenza e stabilizzazione del processo fibrotico possono lasciare spazio a rapide riaccensione e quindi favorire la  evoluzione ed attivazione  della patologia.  Tutto ciò indica come la diagnosi precoce sia altamente raccomandabile in quanto è possibile la guarigione totale se la terapia specifica è instaurata nelle prime fasi della malattia.

 

Come si arriva alla diagnosi ?

il paziente si accorge solo dei disturbi che ho sopra indicato,  mentre alla palpazione del suo pene non riscontra nulla di particolare ,o al massimo avverte minime dolenzie o fastidi in alcuni punti del pene o del glande.  Il pene non presenta  incurvamenti in erezione ed il paziente non percepisce la presenza di aree di aumentata consistenza o vere placche. Cioè il paziente non può , da una “auto-visita “, riscontrare la presenza nel pene della patologia fibrotica , che però è magari già in atto (come verrà confermata dalla visita andrologica e dagli accertamenti ecosonografici richiesti)  e che tende sempre ad evolversi nel tempo, sia pure in modo incostante.

La “mano esperta “ dello specialista , che può essere indifferentemente sia l'Andrologo sia l'Urologo che si occupa costantemente di patologie andrologiche,  riesce facilmente ad apprezzare alla accurata palpazione del pene in tutte le sue strutture (corpi cavernosi ,corpo spongioso,ecc..) la presenza di aree o zone che appaiono subito di diversa consistenza tali da far sospettare la presenza di una patologia organica che poi richiede conferma da esami che verranno consigliati.
Pertanto il Medico specialista Andrologo o l'Urologo esperto in malattie andrologiche  è sempre in grado di  accertare se i disturbi lamentati dal paziente  abbiano una causa organica: pertanto  anche in questi casi di riferita scarsa tumescenza del pene  la  visita andrologica che richiede una accurata anamnesi ed un esame obiettivo clinico generale associato ad  accurata valutazione mediante la palpazione del pene  consente già allo specialista di formulare fondata diagnosi di  presunta patologia fibrotica .
La visita specialistica andrologica riveste pertanto un ruolo di massima importanza ed è il primo anello del percorso diagnostico che verrà consigliato e prescritto:  lo specialista non solo riscontra la presenza di fibrosi,  ma ne segnala le sedi , in quanto questa patologia è spesso volte plurifocale e cioè a carico di varie aree del corpo cavernoso o del setto mediano intercavernoso ,  e tali dati  saranno di immensa utilità quando verranno segnalati  allo  specialista che effettuerà la elastosonografia (  ecografia associata ad  elastografia, senza utilizzo di iniezioni nei corpi cavernosi di prostaglandine ) per una valutazione anzitutto globale del  pene,  ma soprattutto “mirata” sulle aree  segnalate dall' andrologo.
Da quanto sopra detto è ben intuibile da parte del lettore come la scarsa estensione/espansione dei corpi cavernosi  e del setto mediano intercavernoso prodotta dalle aree fibrotiche possa essere valutata esclusivamente con esami diagnostici quanto mai accurati come la elastosonografia  che  accertino non solo le dimensioni (lunghezza,larghezza e spessore) delle aree fibrotiche e la loro localizzazione (tunica dei corpi cavernosi e  setto)  ma pure  il grado di visco-elasticità del tessuto il cui valore  viene  espresso in Kpa.
E' noto come da qualche anno la elastografia ,  sempre abbinata alla ecografia,  trova ampia applicazione nel processo diagnostico di varie  patologie del fegato , mammella , tiroide, prostata , ecc... mentre solo più recentemente , ed in Centri altamente specializzati,   ha trovato razionale  collocazione come esame di  indiscussa e primaria importanza  nella diagnostica delle disfunzioni erettili ed della fibrosi in particolare .   Infatti la classica imaging color-doppler , e l'ecocolordoppler penieno “dinamico”,  fornisce certamente utili dati inerenti la emodinamica peniena, valutando se sussiste una insufficienza arteriosa  od un patologico meccanismo venoso-occlusiva , ma non è esame che possa  valutare la elasticità dei  tessuti  e quindi la scarsa elasticità da fibrosi  a carico dei corpi cavernosi o del setto.  E così pure la comune e classica ecografia del pene  non consente di ottenere  dati inerenti la  elasticità , non avendo i connotati di  esame utile per la diagnostica della fibrosi.
La elastografia , utilizzata oggi nelle tecniche Strain e Shear Wave (senza iniezioni nei corpi cavernosi di prostaglandine)  è esame  “operatore -dipendente “ in cui alla alta  affidabilità della strumentazione più avanzata deve affiancarsi  uno specialista particolarmente esperto in questa innovativa indagine diagnostica , e che effettui tale specifica attività  in modo assolutamente continuo e costante , non occasionale, ed  in simbiosi e stretto collegamento con lo specialista andrologo /urologo : tutto ciò si rileva come  fattore aggiunto di rilevante importanza  consentendo  la massima accuratezza diagnostica . 
Ricordo infine come  elastosonografia  oltre ad avere   il pregio di essere totalmente “non invasiva “ e quindi  senza alcun dolore o disagio per il paziente, è anche  esame di fondamentale rilevanza  per controllare e  monitorizzare periodicamente le variazioni della elasticità espresse in Kpa , oltre che  le variazioni dimensionale delle aree fibrotiche , al fine di valutare rigorosamente i risultati della strategia terapeutica che viene prescritta  dall'andrologo .

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